venerdì 6 novembre 2009

Flags of our fathers

E' tanto, tantissimo tempo che non scrivo qui sopra.
Questi giorni ho malapena voglia di parlare col resto del mondo, forse dandomi alla scrittura qualcosa riuscirò a tirare fuori.
Novembre, come volevasi dimostrare, è iniziato proprio male.
"Particolari" omessi (per il mio bene? Sarò libera di decidere io cosa è giusto o sbagliato per me?), accuse più o meno gravi... Si sono andate ad accumulare su quella montagna che evidentemente c'era e che non volevo vedere.
Sono stanca. Sfinita, credo sia il termine più adatto.
Se ci fosse Ieio qui con me, vedrebbe la sua "Flags of our fathers" arrendersi alla montagna e non più sfidarla per piantare la sua bandiera.
Ho pasato qualche giorno a casa, per riprendermi da svariate cose... Sono tornata in ufficio solo perchè quella sensazione di impotenza, di tristezza pura, la conosco e mi sono imposta di non ricascarci mai più.
Ho messo dei paletti e non ho intenzione di tornare indietro. Chi mi ama può superare quei paletti. Chi dice di farlo, invece, non se la sentirà di andare oltre.
Mi devo solo sedere ed attendere. Qualcosa accadrà.
Attendere... Dio, come detesto lasciarmi cullare dagli eventi e non esserne parte scatenante, partecipe in maniera attiva.
Ho timore del futuro. Ho timore di cosa quei paletti potrebbero portarmi via. Ma sono cosciente del fatto che non posso più fare tre passi avanti e poi tornare indietro.
Albertina mi ha detto di ripetermi questa frase come se fosse un mantra: "cosa ci vorrebbe perché tu scegliessi te in ogni istante della tua vita? E tutto ciò che ti impedisce di scegliere la grandezza che sei veramente... distruggi e discrea tutto"
Io vengo prima di tutto. Prima di qualunque affetto, prima di qualsiasi amore di plastica. Cerco di convincermene. E cerco di andare avanti.